Tutta la mia indignazione sui fatti di Foligno

Sono indignato prima di tutto come padre. Ed è come padre che da un episodio del genere mi sento ferito, colpito, aggredito. Una delle mie due figlie è in età di scuola elementare. So bene che l’intelligenza dei bambini di quell’età è così acuta da renderli estremamente sensibili a tutto ciò che li circonda. Talmente straordinaria che anche una sola frase fuori luogo di un adulto può produrre sul loro equilibrio psicologico e emotivo effetti dirompenti.
E posso immaginare che se una cosa del genere avviene a scuola l’effetto-bomba rischia di essere devastante. Per questo mi ha doppiamente angosciato quello che è avvenuto nella scuola elementare di Foligno in cui un maestro ha costretto un bambino nero a voltarsi verso la finestra dicendo a tutti i suoi compagni di classe che era troppo brutto per essere guardato in volto. In questo gesto c’è l’aggravante del razzismo, certo. Ed è la prima ragione per cui dobbiamo condannarlo con forza. Ma ci sono, prima di ogni altra cosa, la violenza e l’idiozia, come dimostrano le parole con cui questo docente, che merita una sanzione esemplare, e che è evidentemente indegno di fare l’educatore e di stare in un posto chiamato scuola, ha tentato di cavarsela: “volevo fare un esperimento sociale”, ha detto. Una scusa quasi peggiore dell’atto che intendeva giustificare. Ma come abbiamo fatto a ridurci in queste condizioni? Questa è la domanda che dovrebbe assillarci, anche se per fortuna ognuno di noi sa che nelle scuole italiane, e in particolare in quelle elementari, gli insegnanti pieni di passione e di senso del dovere sono la grande maggioranza.

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