Leggete cosa è successo ieri nelle elezioni politiche in Slovenia (2 milioni di abitanti, membro Ue, Nato e Eurozona, sistema elettorale proporzionale con soglia al 4% per eleggere una Camera di 90 deputati) e ditemi se, al di là delle non poche specificità nazionali, non vedete all’opera tendenze di fondo per così dire familiari.
È crollato al 10%, dal 34% delle politiche di quattro anni fa, il Partito del Centro Moderno, la formazione centrista del primo ministro uscente Miro Cerar fondata a ridosso delle elezioni del 2014 e per quattro anni perno del governo nazionale in alleanza coi socialdemocratici e col partito dei pensionati.
Nelle elezioni di ieri è arrivato primo il partito che ha guidato l’opposizione negli ultimi anni, il Partito democratico sloveno (di destra, aderente al Ppe) che è salito dal 21 al 25% dopo essere sceso dal 25 al 20% tra il 2011 e il 2014 (lo guida Jansa, in passato due volte premier).
Ma la notizia più clamorosa è l’exploit (13%) del partito personale dell’ex giornalista, attore e comico Marjan Sarec, presente per la prima volta in elezioni parlamentari.
Sarec, salito alla ribalta lo scorso anno raggiungendo il ballottaggio nelle presidenziali, viene ritenuto sia anti-sistema che liberale, e alla vigilia del voto si è detto aperto a collaborare con chiunque tranne che con personalità coinvolte in procedimenti giudiziari.
La sinistra, infine, ha complessivamente raddoppiato i voti dal 10 al 19%: sia i socialdemocratici che la sinistra massimalista sono cresciuti dal 6 al 9/9.5%. Ma è solo una piccola risalita dall’abisso (nel 2008 i socialdemocratici superavano il 30%).
Affluenza 52%. Come nel 2014.
Con questi risultati, si prevede che non sarà facile arrivare alla formazione di un nuovo governo. Pare che in ogni caso sarà determinante l’ex comico.