
Ho appena ascoltato l’intervento in Senato del Ministro della Salute Roberto Speranza sulla proroga dello stato di emergenza al 31 gennaio. Prolungamento dettato non da volontà liberticida, come scioccamente dicono Salvini e Meloni, ma dall’esigenza di mantenere in campo gli strumenti operativi (centralità della protezione civile, del comitato tecnico-scientifico e del potere di ordinanza del commissario) che finora hanno permesso all’Italia di rispondere alla pandemia meglio e più rapidamente di altri Paesi europei.
È indispensabile alzare il livello di guardia e mantenere una linea di massima prudenza, a partire da un utilizzo più diffuso della mascherina e da un aumento dei relativi controlli, perché i contagi e la pressione sugli ospedali (espressa dal numero dei ricoveri nei reparti Covid e in terapia intensiva) sono certo significativamente più bassi rispetto ai mesi più critici (marzo e aprile) ma sono aumentati in maniera continua e significativa negli ultimi due mesi, e davanti a noi abbiamo ancora gran parte dell’autunno e un intero inverno. Positivo è il rafforzamento della capacità di analisi (siamo arrivati a 120 mila tamponi al giorno) ma su questo serve ancora di più, molto di più. È cruciale capire che se non si è grado di tenere sotto controllo il virus e garantire la sicurezza sanitaria non avremo nessuna ripartenza economica. Mettere in conflitto economia e salute per basse ragioni di sciacallaggio politico è una cosa da incoscienti: il rispetto delle regole non è di destra né di sinistra. È semplicemente giusto e necessario, per la salute E per l’economia.