Juan Romero racconta Robert Kennedy

E poi ci sono vicende come quella di Juan Romero che, diciassettenne, sette anni dopo essersi trasferito dal Messico negli Stati Uniti, faceva l’aiuto cameriere all’Hotel Ambassador di Los Angeles dove Robert Kennedy fu raggiunto alla testa e alle spalle da tre colpi di pistola il 5 giugno di cinquant’anni fa per morire in ospedale il giorno successivo al termine di un’agonia di ventisei ore. Romero ebbe due incontri con Kennedy: la sera del 4 quando gli portò la cena in camera, e la sera del 5 quando nelle cucine dell’albergo fu il primo a sollevargli la testa dal pavimento in seguito agli spari. Lo descrive così, l’incontro del 4: “venne verso di me. Non ho mai dimenticato il modo in cui mi strinse le mani. Mi fissò diritto con gli occhi penetranti , come se volesse dirmi: “Sono uno come te, siamo persone per bene”. Non stava osservando il colore della mia pelle, non la mia età, per lui ero semplicemente un americano. Uscii convinto di aver appena incontrato il futuro presidente degli Stati Uniti (…) gli hanno impedito di guidare quell’America fratturata, di fronteggiare la povertà e le discriminazioni” (dall’intervista di Giuseppe Sarcina sul “Corriere della Sera”).

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