Nel dibattito pubblico italiano imperversano quelli che mettono sullo stesso piano, o quasi, Putin e Zelenski, la Russia e l’Ucraina, la Russia e l’Occidente.
Coloro per i quali la Nato avrebbe colpe non meno gravi di quelle del tiranno russo (come se bombardare i civili nel cuore dell’Europa e non farlo fossero la stessa cosa…).
Quelli che sostengono la tesi palesemente infondata che se la Nato non si fosse allargata verso Est in due riprese 23 e 18 anni fa la Russia non avrebbe attaccato l’Ucraina e che prima ancora non avrebbe attaccato la Georgia, arraffato la Crimea e la Transnistria, promosso una pesante penetrazione militare in Siria, in Libia, nella Repubblica Centrafricana, nel Mali.
Imperversano coloro che, criticando l’invio di armi all’Ucraina, sembrano non comprendere che non aiutare anche militarmente questo Paese martoriato significa renderne più probabile la resa. Coloro che agitano l’argomento falsamente umanitario e pietistico che continuare a lottare e a resistere contro un invasore più forte significa solo far aumentare il numero di morti.
Quelli che farneticano di colpo di Stato in Ucraina nel 2014 e dipingono l’Ucraina come un Paese in mano ai neonazisti (bufala colossale, degna di Sputnik News o di Russia Today o della Tass, basta esaminare i risultati delle ultime elezioni parlamentari per rendersene conto).
Quelli che dicono “deve muoversi la diplomazia” e fingono di non vedere che le cancellerie di una decina di Paesi da settimane e anzi da mesi stanno compiendo sforzi diplomatici intensi (l’impegno diplomatico c’è ed è serrato, va dalla Francia alla Turchia da Israele alla Santa Sede, ma è Putin, e solo lui, che al momento non ha alcuna intenzione di deporre le armi e di sedersi a un tavolo a trattare).
Quelli che hanno il coraggio di chiamare “pace” il via libera all’instaurazione a Kiev di un regime-fantoccio manipolato da Mosca, dimenticando il superbo motto latino “opus iustitiae pax”, cioè “non c’è pace senza giustizia”: se la cessazione delle ostilità significa acconsentire alla somma ingiustizia della trasformazione di uno Stato sovrano in un protettorato modello Bielorussia o Kazakistan, o in una colonia, e il passaggio di questo Stato dall’indipendenza nazionale al servaggio, questa condizione si può definire “pace”?
Cose da non credere.
Difendere la pace oggi significa una cosa sola: contrastare ogni linea di equidistanza tra le parti in conflitto, e difendere la libertà e l’indipendenza nazionale degli ucraini aggrediti da una potenza straniera che da oltre dieci anni chiaramente persegue un disegno imperiale, di estensione armata della propria influenza nel mondo, di rifiuto dell’esistenza ai propri confini di governi democratici e non vassalli.
Costoro passeranno alla storia come i campioni dell’analisi speciosa e pretestuosa: i Luciano Canfora, i Tomaso Montanari, i Diego Fusaro, le Donatella Di Cesare, i Vittorio Feltri, gli Alessandro Orsini. E sono solo alcuni esempi.
Con rispetto parlando, trovo le loro argomentazioni mendaci e vergognose.