Dal governo più soldi alle pensioni d’oro?

A conferma del fatto che le scelte di governo sono cosa da maneggiare con notevole cura, ieri in Senato, probabilmente senza rendersene conto, il Presidente del Consiglio ha preparato il terreno per dare più soldi ai pensionati più abbienti.

Mi spiego.

Ha detto di voler intervenire sulla parte non coperta da versamenti contributivi delle pensioni d’oro, quelle sopra i 5 mila euro netti al mese.

Applausi.
È una scelta di equità.
Si può non essere d’accordo?
Tutti lo siamo.
Io per primo.

Ciò detto, se non si vuol prendere in giro l’opinione pubblica, bisogna accompagnare questa affermazione di principio con l’enunciazione di tre verità fondamentali.

La prima è che sarebbero interessati 30 mila pensionati su un totale di circa 16 milioni.

La seconda è che si risparmierebbero circa 100 milioni di euro l’anno, quindi non bisogna dire la bugia che adottando questa misura si contribuirebbe in modo sostanziale al finanziamento di riforme (l’abolizione della Fornero, il reddito di cittadinanza) che costano dai 15 ai 30 miliardi di euro l’anno, perché il rapporto tra introito previsto e uscita prevista è di 1 a 300.

La terza, quella politicamente più rilevante, è che se, oltre a questa misura, si introducesse la flat tax, come è scritto nel programma di governo, il saldo tra i due provvedimenti porterebbe ad un aumento del reddito disponibile dei pensionati d’oro (avete letto bene: aumento), non ad una sua significativa diminuzione.

Quello che i pensionati d’oro “otterrebbero” come regalo fiscale via flat tax sarebbe una cifra nettamente più alta di ciò che “perderebbero” col giro di vite previdenziale.

In attesa di delucidazioni, è opportuno dare un suggerimento al Presidente del Consiglio: sia più cauto, la prossima volta.

Il rischio di vendere fumo è molto alto.

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