PIÙ CHE CIÒ CHE DI MAIO DICE CONTA IL FATTO CHE NON È CREDIBILE QUEL CHE DICE
La questione di fondo è che uno che pur di andare al governo considera intercambiabili due forze opposte, e rinnega il programma che ha sostenuto fino a una settimana fa, può benissimo ribaltare di nuovo le proprie posizioni tra una settimana. Per questo la sua affidabilità è zero. Dovrebbe capirlo anche quella parte rilevante di giornalismo italiano che assedia il Pd affinché faccia la ruota di scorta di un governo Di Maio. Al momento non conta quel che Di Maio dice. Ma il fatto che non è credibile quel che dice. Fino a pochi giorni fa era contro i trattati europei, contro l’Ue e la Nato, strizzava l’occhio a Putin e ai protezionisti. Nell’intervista di ieri a Repubblica si è mostrato europeista e pro-Nato, freddo sulla Russia e sui dazi, e soprattutto fautore di un deficit non oltre l’1,5% del pil. Una cosa, quest’ultima, che dal mio punto di vista è sacrosanta, ma che dal punto di vista del M5S significa abbandonare le proposte con cui hanno chiesto il voto degli italiani. Una svolta come questa comporta un processo lungo e doloroso di autocritica e di acquisizione di onestà intellettuale. È del tutto ridicolo pensare che basti un’intervista per darle serietà e consistenza.